mercoledì 22 settembre 2010

Avviso ai lettori

Cari lettori, vi chiedo scusa se da qualche tempo vedete che gli aggiornamenti del Tonno che fuma sono meno frequenti. Gli impegni sono molti e il tempo è invariabilmente tiranno.
Ma non preoccupate, prima o poi tornerò a scrivere... spero più prima che poi!

lunedì 6 settembre 2010

Davidoff Scottish Mixture: note sparse

Dopo lunghi mesi "monotematici" dedicati al Black Parrot e ai Romeo y Julieta, ho deciso di ritornare al "fumo delle origini", a quei tabacchi che avevano accompagnato i miei primi e malfermi passi nel mondo della pipa.
Come del resto è successo a molti, all'inizio mi attraevano il Clan (alzi la mano chi non è stato stregato dalla sua room note dolciastra) e, su questa falsariga, i tabacchi che a vario titolo potevano rientrare nel grande calderone degli aromatizzati: allora i pipaforum erano la mia bibbia del tabacco e, leggi di qua leggi di là, avevo scoperto l'esistenza di una miscela che molti indicavano come adatto a chi, cultore dell'aromatizzato, voleva fumare tabacchi non aromatizzati senza uscire più di tanto dal proprio recinto. Fu così che decisi di andare dal "pusher" di fiducia a prendere una latta del tanto decantato Davidoff Scottish Mixture. All'epoca mi piacque, tant'è che dedicai una pipa, una "woodstock" Savinelli degli anni '70, appositamente a quel tabacco: lo fumavo volentieri, anche se sapevo che rendeva la pipa un tantinello troppo dolce... (per la cronaca, ricordo ancora di aver provato una carica di Amphora verde in quella Savinelli la cui radica era evidentemente impregnata degli aromi del DSM: sembrava di fumare una tazza di cappuccino).
Da allora ho passato altre fasi "degustative" dove gli aromatizzati erano completamente esclusi (nell'ordine: EM con molto Latakia, Italia, EM con molti orientali, miscele al perique). Giorni fa mi è saltato però l'uzzolo di riprovare il Davidoff Scottish Mixture, confidando nel fatto che l'esperienza maturata nel tempo mi facesse scoprire sfumature che prima non potevo cogliere. Pipa prescelta è stata la Gigi FLP, che avevo dedicato prevalentemente all'Italia.
Ero partito con qualche bel ricordo e con tutte le buone intenzioni del caso, ma non sono riuscito a fumare questo tabacco per più di una ventina di minuti. A stufarmi non è stato solo l'abboccato, decisamente senza sorprese e contrassegnato da una nota alcolica e acidula tanto vaga quanto fastidiosa, ma anche la nausea che mi ha suscitato. Avete presente la nausea da troppi dolci, che rende la digestione una dolente via crucis verso l'agognata liberazione intestinale? Ecco, proprio quella. Niente di drammatico, per carità, tutto si è risolto con una tazzina di amaro caldo, ma ne facevo volentieri a meno.
Come analizzare questo ritorno non proprio eccellente? Nel caso specifico, aver fumato in una pipa dedicata all'Italia può aver contribuito a rendere più monodimensionale un tabacco di per sé non eccessivamente complesso (rendendolo identico al "fratello" Davidoff Green Mixture, miscela notoriamente senza infamia né lode); è anche vero però che fumando in una radica "impregnata" di Italia ci si poteva aspettare che le note dolciastre non emergessero in maniera così smaccata.
Che sia un segno che io e gli aromatizzati non andiamo più d'accordo? Non saprei. Avrei bisogno di fare altre prove e, soprattutto, dovrei provare altri tabacchi della stessa razza per emettere un giudizio più articolato. Devo però ammettere che questa prova mi ha deluso: se il risultato di una fumata dev'essere per forza  la nausea, anche solo un filino, tanto vale che non mi ci metta nemmeno. Per me l'unico punto fermo è che il fumo è un piacere e tale deve rimanere: se per giudicare in maniera compiuta bisogna per forza passare per le forche caudine gastriche, tanto vale che rinunci allo pseudo-rigore del degustatore della domenica e faccia rotta, una volta per tutte, verso lidi tabagiferi per me più appaganti.