È inutile che scriva un panegirico per questa poliedrica figura, che negli anni ha saputo destreggiarsi tra le più disparate branche dello scibile, dalla matematica alla sociologia, alla storia, allo studio del linguaggio (significativi, in quest'ultimo ambito, alcuni saggi ancora molto attuali raccolti in Einzelheiten, antologia di contributi di HME pubblicata da Feltrinelli nel 1965 con il titolo Questioni di dettaglio). È anche inutile che dica se mi piace di più questo o quel libro di Enzensberger, perché il Tonno che fuma non è tipo da stilare hit parade. Mi riprometto però di dedicare un post, in futuro, a Hammerstein, oder der Eigensinn (Hammerstein o l'ostinazione, edito in Italia da Einaudi) e, contemporaneamente, prendo spunto per soffermarmi su un saggio dallo stile accattivante intitolato Nel labirinto dell'intelligenza (Einaudi 2008. L'originale, uscito in Germania nel 2007 per i tipi di Suhrkamp, si intitola Im Irrweg der Intelligenz. Ein Idiotenführer).
Con uno stile rigoroso che non rinuncia ad incursioni nel campo colloquiale, Enzensberger sfata la credenza (invero molto diffusa nelle élite intellettuali e non solo) secondo cui l'intelligenza rappresenta qualcosa di univocamente definibile e misurabile con esattezza. HME passa in rassegna gli errori/orrori cui hanno portato il mito positivista del Quoziente Intellettivo e le sue applicazioni da parte di eserciti, governi e studiosi: forti discriminazioni a danno delle categorie sociali più deboli (immigrati, gente di colore, sottoproletariato urbano...), considerazioni razziali, propositi eugenetici derivanti dall'uso pedissequo del concetto di Quoziente Intellettivo.
Più in generale, non mancando di scagliarsi contro alcuni studiosi (uno su tutti, il long- e bestseller Eysenck), Enzensberger sfata ogni illusione sulle possibilità di catalogare i tipi di intelligenza (motoria, musicale, sociale, emozionale...) e di misurarla. In altre parole, questo saggio è un atto di sfiducia nei confronti della psicometria.
Il testo è di dimensioni ristrette (poco meno di 70 pagg.) e di lettura, come abbiamo anticipato poc'anzi, molto gradevole. Contrariamente ad altri titoli enzensbergheriani - e non solo - da me citati in precedenza, Nel labirinto dell'intelligenza è facilmente reperibile nel circuito delle librerie: se non fosse già presente in negozio, ordinato presso Einaudi arriverebbe in poco meno di una settimana.
Mi riservo di leggere l'originale, ma già in questa sede vorrei scrivere una menzione d'onore per il traduttore Emilio Picco: se in italiano il lavoro scorre velocemente e rende con naturalezza lo sfaccettato lessico di Enzensberger, il merito è sicuramente suo.
Con uno stile rigoroso che non rinuncia ad incursioni nel campo colloquiale, Enzensberger sfata la credenza (invero molto diffusa nelle élite intellettuali e non solo) secondo cui l'intelligenza rappresenta qualcosa di univocamente definibile e misurabile con esattezza. HME passa in rassegna gli errori/orrori cui hanno portato il mito positivista del Quoziente Intellettivo e le sue applicazioni da parte di eserciti, governi e studiosi: forti discriminazioni a danno delle categorie sociali più deboli (immigrati, gente di colore, sottoproletariato urbano...), considerazioni razziali, propositi eugenetici derivanti dall'uso pedissequo del concetto di Quoziente Intellettivo.
Più in generale, non mancando di scagliarsi contro alcuni studiosi (uno su tutti, il long- e bestseller Eysenck), Enzensberger sfata ogni illusione sulle possibilità di catalogare i tipi di intelligenza (motoria, musicale, sociale, emozionale...) e di misurarla. In altre parole, questo saggio è un atto di sfiducia nei confronti della psicometria.
Il testo è di dimensioni ristrette (poco meno di 70 pagg.) e di lettura, come abbiamo anticipato poc'anzi, molto gradevole. Contrariamente ad altri titoli enzensbergheriani - e non solo - da me citati in precedenza, Nel labirinto dell'intelligenza è facilmente reperibile nel circuito delle librerie: se non fosse già presente in negozio, ordinato presso Einaudi arriverebbe in poco meno di una settimana.
Mi riservo di leggere l'originale, ma già in questa sede vorrei scrivere una menzione d'onore per il traduttore Emilio Picco: se in italiano il lavoro scorre velocemente e rende con naturalezza lo sfaccettato lessico di Enzensberger, il merito è sicuramente suo.
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