Non ho mai fatto mistero con voi, amici del Tonno, del fatto che Max Frisch sia autore a me caro: un incontro del tutto casuale (tra l'altro "di seconda battuta", perché ero partito cercando materiali su Dürrenmatt e mi sono riscoperto frischiano convinto) si è trasformato in una grande occasione per conoscere un autore che, se non viene annoverato tra i grandissimi del novecento, è comunque una figura estremamente interessante e, a suo modo, un dioscuro assieme alla stesso Dürrenmatt della letteratura svizzera.
Più volte ho citato di striscio la piéce Biedermann und die Brandstifter introducendo la mia passione per Frisch e parlando del radiodramma tedesco: oggi ne parlo più diffusamente. Avrei aspettato volentieri che mi arrivasse dalla Germania il testo della versione "radiodrammatica" del Biedermann, ma siccome le poste, si sa, non sono velocissimie, e siccome sono una persona tendenzialmente impaziente, ve ne parlo oggi. (in realtà sarebbe bello parlare delle differenze tra il radiodramma, intitolato Herr Biedermann und die Brandstifter e trasmesso nel 1953, e il testo teatrale, datato 1958. Dato però che a tale scopo avrei bisogno del testo, che come dicevo non è ancora in mio possesso, mi riprometto di parlarne più avanti).
Difficile trovare il dvd o il video di una rappresentazione italiana: che io sappia, l'unica rappresentazione reperibile (tramite il complicato meccanismo delle Teche Rai) è una produzione Rai del 1976, andata in onda sul secondo canale (nel ruolo di Biedermann/Omobono troviamo Gianni Agus). Duro trovarne una traduzione: a suo tempo deve esservisi cimentato Aloisio Rendi. Il titolo della traduzione è Omobono e gli incendiari. Perfetto, perché il nome di Gottlieb Biedermann è traducibile (e sovrapponibile per calco) come Amedeo Omobono. Ma perché questo nome curioso? E soprattutto, cosa succede nella piéce? Ne diamo di seguito un breve riassunto.
Biedermann, benestante fabbricante di acqua ossigenata, ospita in casa propria il sedicente disoccupato Schmitz e il di lui amico Eisenring: i due sono i pericolosi piromani che hanno incendiato buona parte della città. Biedermann, che subodora l'inganno, li tratta con ogni riguardo per ingraziarseli. Sarà tutto inutile, dal momento che gli incendiari riusciranno ad incendiare la casa di Biedermann, che perirà con la moglie nel rogo. In alcune edizioni, non nella mia (una Suhrkamp di qualche decina d'anni fa), si trova anche un epilogo in cui Biedermann, all'inferno, viene tormentato da Schmitz ed Eisenring nei panni di diavoli.
Se tempo fa avete avuto occasione di dare un'occhiata ai video del "Max Frisch Archiv" che linkavo qui sul blog, avete sicuramente notato la lucidità e l'ironia sottile e pungente che caratterizza i discorsi e le interviste del nostro. È una nota che caratterizza profondamente il Biedermann: già il nome del personaggio è segno tangibile di un'ironia lucida che procede senza guardare in faccia a nessuno, con - citando l'espressione di Guido Calgari - "matematica coerenza". Ma la bellezza del Biedermann non sta solo in questo: ci troviamo di fronte ad un'opera che raffigura allegoricamente la cieca condiscendenza di gran parte del ceto medio (Biedermann, la moglie Babette) davanti a personaggi pericolosi (gli incendiari) che costruiscono la propria ascesa al potere e la successiva, probabile nascita di regimi totalitari sulla completa miopia e mancanza di prospettive di una certa parte della borghesia.
Se non avete voglia di cercare le traduzioni, che sono di qualche decennio fa, o se non riuscite a venire in possesso del testo tedesco potete sempre, come accennavo all'inizio di questo post, andare a vedere tramite le teche Rai l'adattamento televisivo del '76. Se avete la fortuna di conoscere un po' il tedesco, guardatevi la versione del '67 di Rainer Wolffhardt (link alla prima scena su Youtube, solito canale "Max Frisch Archiv"): in questa versione scompare il coro dei pompieri, che nella commedia dialoga attivamente con Biedermann, sostituito da un'intervista che un giornalista ha con Biedermann (cosa della quale, nell'adattamento del '67, veniamo a conoscenza solo alla fine dell'ultima scena).
Mi piange il cuore a sapere che è poco reperibile in Italia e che in giro non se ne vedano rappresentazioni. Soprattutto di questi tempi ci sarebbe bisogno di lavori come il Biedermann che stimolano alla riflessione e fanno vacillare certezze dogmaticamente e fragilmente costruite.
Difficile trovare il dvd o il video di una rappresentazione italiana: che io sappia, l'unica rappresentazione reperibile (tramite il complicato meccanismo delle Teche Rai) è una produzione Rai del 1976, andata in onda sul secondo canale (nel ruolo di Biedermann/Omobono troviamo Gianni Agus). Duro trovarne una traduzione: a suo tempo deve esservisi cimentato Aloisio Rendi. Il titolo della traduzione è Omobono e gli incendiari. Perfetto, perché il nome di Gottlieb Biedermann è traducibile (e sovrapponibile per calco) come Amedeo Omobono. Ma perché questo nome curioso? E soprattutto, cosa succede nella piéce? Ne diamo di seguito un breve riassunto.
Biedermann, benestante fabbricante di acqua ossigenata, ospita in casa propria il sedicente disoccupato Schmitz e il di lui amico Eisenring: i due sono i pericolosi piromani che hanno incendiato buona parte della città. Biedermann, che subodora l'inganno, li tratta con ogni riguardo per ingraziarseli. Sarà tutto inutile, dal momento che gli incendiari riusciranno ad incendiare la casa di Biedermann, che perirà con la moglie nel rogo. In alcune edizioni, non nella mia (una Suhrkamp di qualche decina d'anni fa), si trova anche un epilogo in cui Biedermann, all'inferno, viene tormentato da Schmitz ed Eisenring nei panni di diavoli.
Se tempo fa avete avuto occasione di dare un'occhiata ai video del "Max Frisch Archiv" che linkavo qui sul blog, avete sicuramente notato la lucidità e l'ironia sottile e pungente che caratterizza i discorsi e le interviste del nostro. È una nota che caratterizza profondamente il Biedermann: già il nome del personaggio è segno tangibile di un'ironia lucida che procede senza guardare in faccia a nessuno, con - citando l'espressione di Guido Calgari - "matematica coerenza". Ma la bellezza del Biedermann non sta solo in questo: ci troviamo di fronte ad un'opera che raffigura allegoricamente la cieca condiscendenza di gran parte del ceto medio (Biedermann, la moglie Babette) davanti a personaggi pericolosi (gli incendiari) che costruiscono la propria ascesa al potere e la successiva, probabile nascita di regimi totalitari sulla completa miopia e mancanza di prospettive di una certa parte della borghesia.
Se non avete voglia di cercare le traduzioni, che sono di qualche decennio fa, o se non riuscite a venire in possesso del testo tedesco potete sempre, come accennavo all'inizio di questo post, andare a vedere tramite le teche Rai l'adattamento televisivo del '76. Se avete la fortuna di conoscere un po' il tedesco, guardatevi la versione del '67 di Rainer Wolffhardt (link alla prima scena su Youtube, solito canale "Max Frisch Archiv"): in questa versione scompare il coro dei pompieri, che nella commedia dialoga attivamente con Biedermann, sostituito da un'intervista che un giornalista ha con Biedermann (cosa della quale, nell'adattamento del '67, veniamo a conoscenza solo alla fine dell'ultima scena).
Mi piange il cuore a sapere che è poco reperibile in Italia e che in giro non se ne vedano rappresentazioni. Soprattutto di questi tempi ci sarebbe bisogno di lavori come il Biedermann che stimolano alla riflessione e fanno vacillare certezze dogmaticamente e fragilmente costruite.
TROVATO TRADUZIONE ITALIANA:
RispondiEliminaAUTORE MAX FRISCH
TITOLO TEATRO/MAX FRISCH A CURA ENRICO FILIPPINI
COLLANA FELTRINELLI 1962
(I NARRATORI 12)
CIAO MARIA ROSA FERRARI
Ciao Maria Rosa, grazie della segnalazione. Sapevo che Filippini e/o Rendi avevano "messo le mani" su Frisch, ma non credo siano volumi facilmente reperibili. Se va bene si trova qualcosa sul mercato dell'usato, ma comunque non ci metto la mano sul fuoco.
RispondiEliminaBuona serata!