sabato 12 giugno 2010

Perché le Savinelli non mi piacciono più

Quando da piccolo passavo davanti alle vetrine dei tabaccai rimanevo sempre con la bocca aperta; era chiaro sin da allora che la pipa esercitava su di me un fascino magnetico che, se da un lato mi avvicinava al mondo dei "grandi", dall'altro rappresentava qualcosa di più di un semplice strumento da fumo. Senza nemmeno sapere di cosa si trattava, imparavo a memoria i nomi dei marchi esposti: gli accendini Zippo, le pipe Ser Jacopo, Mastro de Paja, Dunhill e, un nome su tutti, Savinelli. Tanto lo vedevo ricorrere che per me dire "pipa" e dire "Savinelli" era come dire la stessa cosa.
Qualche anno più tardi, deciso a provare l'ebbrezza della radica e scartata l'idea della pittoresca - ma apparentemente poco affidabile - pipa di pannocchia, chiesi al tabaccaio proprio una Savinelli da battaglia, una bent billiard che più classica di così proprio non si poteva. I primi tempi mi sentivo un dio e non facevo tanto caso all'oggetto pipa, preso com'ero da pensieri quali Cazzo, finalmente ho una pipa dopo tanti anni che volevo provare e Evviva, finalmente potrò fumare tabacchi alla ciliegia e alla vaniglia (...si, erano proprio altri tempi). Progredendo nella mia scoperta di questo magnifico e multiforme mondo, messo leggermente in secondo piano l'aspetto "degustativo" ho incominciato ad interessarmi al lato estetico dell'oggetto-pipa.
Prendevo spesso in mano la Savinelli da combattimento. La osservavo attentamente alla ricerca di qualcosa che catturasse la mia attenzione: si, bella, assomiglia a quella di Magritte, ma... non sapevo cosa non mi convincesse. Nel frattempo i mesi passavano, i gusti si affinavano e andavano in direzioni diverse. Le cose non cambiavano, anzi. Alla fine no, la pipa proprio non mi convinceva più. Siccome mi dispiaceva che rimanesse "ferma", la regalai ad un carissimo amico che voleva imparare a fumare. 
Nel frattempo non ero rimasto fermo con le acquisizioni, e anzi, perseveravo ad acquistare Savinelli, ancora attratto dai miei atavici luoghi comuni. Piano piano però cominciava a diffondersi a tutte le Savinelli che avevo tra le mani lo stesso sentimento di No, non ci siamo che avevo avuto con la prima. E si che avevo pure una Standing e una Punto Oro (punzonatura a 4 cifre dei bei tempi andati), che insomma, non saranno state grandissime pipe ma erano pur sempre meglio delle entry-level da venti euro: no, niente da fare.
Oramai ogni volta che passavo davanti ai tabaccai veneziani con Savinelli in vetrina non riuscivo a trattenere un certo fastidio ed era perciò evidente che i miei problemi riguardavano il rapporto col marchio e non con i singoli articoli. Ho provato a chiedermi il perché di questo mio cambiamento di gusti, giungendo ad una serie di conclusioni di cui vi rendo partecipi. 
Primo: ho notato materiali e tecniche apparentemente di scarso livello. Chiaro, non si pretendono radiche fiammate sulle serie Oscar, ma anche su certe  pipe  a tiratura limitata ho trovato radiche non sempre eccezionali, con quello stucco che sembra dirti Sulle prime non mi vedi ma poi quando mi vedi ti mordi le dita perché è tutto pieno di pezze e ti ho fregato. Non parliamo poi della verniciatura che, va bene che parliamo di pipe industriali, ma converrete che vedere una pipa trattata come una mela caramellata, con quell'effetto specchio vorrei ma non posso, non è proprio il massimo.
E poi, gli shape. Ultimamente trovo le interpretazioni di Savinelli da 6+. Fossi un insegnante di italiano che commenta un tema, direi che l'alunno è rimasto dentro la traccia e ha avuto qualche spunto che però non è riuscito a sviluppare (aggiungo: qualche imprecisione ortografica). Mi sembra in altre parole di trovarmi davanti ad un prodotto da mera sufficienza, che non va oltre alla banale riproposizione del capostipite. Che so, ci fosse una veretta, una forma del bocchino un tantino meno goffa... il massimo che ho visto è il ricorso al bocchino in metacrilato dai mille color, alla maniera delle pipe di Croci, che francamente reputo un pugno su un occhio (confesso che la mia Standing, che avevo acquistato in un momento di profonda rabbia giusto per dire "butto via i soldi", apparteneva a questa categoria). Ma non basta un bocchino a fare bella una pipa dove già la radica è lavorata in modo poco soddisfacente. 
Altra cosa che non mi va giù è l'aggiunta, in alcune serie  di particolari che con la pipa hanno ben poco a che fare e sconfinano nel peggior kitsch: vada per la veretta in argento, ma che senso hanno la ghiera antivento o i diamanti incastonati nella radica,  o peggio ancora la foderatura in cuoio, che stanno alla pipa come un pinguino ai tropici? Quando si dice che il peggio non è mai morto...
Tirando le somme, sembra di trovarsi davanti alle chitarre da trecento euro che si vendono nei negozi di musica. Strumenti ottimi per "sbirciare" e cominciare, ma nettamente inferiori dal punto di vista funzionale e ancora di più da quello estetico: tavole armoniche con un dito di vernice a spruzzo, palette che si rendono ridicole nel tentativo di imitare un disegno Ramirez, Fleta o peggio ancora granadino... insomma, un delirio. 
Continuando con questo paragone, mentre nel campo delle chitarre, generalmente, se vai sui 1000 euro già trovi qualcosa di sensibilmente migliore rispetto agli strumenti da 150, che è un prezzo onestissimo per cominciare, con Savinelli questo non succede. Mi è capitato di vedere pipe Savinelli vendute a 200/250 euro - cifra abbastanza ragguardevole - che però non si distanziavano in modo netto, se non nella confezione e in altri dettagli di poco conto, dalle gamme entry-level. I motivi li ho analizzati poc'anzi.
Per carità, lungi da me il dettar legge, anzi, se non siete d'accordo ditemelo esplicitamente, ne sarò ben contento e sarà occasione per un sano confronto. Devo dire però che mi trovo abbastanza "saldo" in queste mie recenti considerazioni savinelliane.

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