Ho appena terminato di leggere Corrispondenza, il volume che raccoglie il carteggio epistolare tra Friedrich Dürrenmatt e Max Frisch, corredato da un bellissimo apparato critico a cura di Peter Rüedi (edizioni Casagrande).
Questo libro colma, almeno parzialmente, una lacuna nel mercato editoriale italiano: almeno che io sappia, non esistono monografie in italiano su questi autori. Non mancano i saggi che focalizzano singoli aspetti della loro produzione, anzi, direi che esistono degli esempi veramente edificanti, come alcuni saggi delle raccolte Il romanzo tedesco del novecento, a cura di Cesare Cases per i tipi di Einaudi, e Costruir su macerie del già citato Maurizio Pirro per Graphiservice. Mancano però contributi che ritraggano a tutto tondo i due "numi tutelari" della letteratura elvetica del novecento e che uniscano ai meri dati biografici un solido inquadramento nell'ambito della cultura svizzera e tedesca in generale.
Bisogna essere sinceri. L'epistolario di Frisch e Dürrenmatt soffre di due grandi difetti: dimensioni ristrette e alternanza di periodi di contatti frequenti ad altri, a volte molto lunghi, di silenzio. Questo costringe spesso a leggere tra le righe, ad interpretare lettere a volte talmente stringate da non riuscire a capire di che cosa si stia parlando. Peter Rüedi, il curatore, ci aiuta da una parte tramite una tavola sinottica che mostra in parallelo vita ed opere di Frisch e Dürrenmatt, dall'altra con un apparato di note molto preciso, ricco di puntuali riferimenti sia ai corpus creativi che alla ricezione da parte della critica.
Il vero punto di forza dell'apparato di Rüedi è però un saggio introduttivo che, a parte qualche piccola prolissità, non esito a definire bellissimo. In sintesi, questa lunga prefazione demolisce il luogo comune che voleva Frisch e Dürrenmatt come un'entità indivisibile, un equivoco - nato in Germania e poi diffusosi a macchia d'olio - opera di critici che accorpavano senza tanti riguardi i due personaggi, indicandoli come unici personaggi degni di nota nella realtà culturale svizzera; una Svizzera percepita da molti come provinciale, isolata, sterile: Schweiz als Gefängnis, la Svizzera come prigione, ebbe modo di dire lo stesso Dürrenmatt in un suo celebre discorso tenuto poco prima di morire.
Se è vero che Frisch e Dürrenmatt erano accomunati, oltre che da stima reciproca, anche da una comune insofferenza per la Svizzera contemporanea - che, risparmiata dalla seconda guerra mondiale era sostanzialmente rimasta fuori dal procedere storico, perdendo una grande occasione per costruire una forte identità nazionale - , è anche vero che il loro rapporto fu costellato di innumerevoli alti e bassi. L'amicizia tra queste due grandi personalità è stata segnata da innumerevoli incomprensioni, da provocazioni più o meno aperte, da una competizione non sempre sana in cui giocavano un ruolo non secondario molte istituzioni culturali svizzere (penso ai teatri stabili di Zurigo, primi anni '50, e Basilea, fine degli anni '60) e cui molti intellettuali tedeschi assistevano in qualità di spettatori non sempre entusiasti e schierati apertamente da una delle due parti (mi viene in mente Uwe Johnson, che intrattenne una lunga corrispondenza epistolare con Frisch e non mancò di segnalare all'amico l'insensatezza delle varie querelle con Dürrenmatt).
Rüedi, forte di una conoscenza capillare di Dürrenmatt e di una dichiaratamente meno forte, ma comunque significativa, di Frisch, racconta questa serie di eventi collocandoli nella scena culturale svizzera del dopoguerra e facendo emergere due ritratti molto diversi, che fanno effettivamente a pugni con l'immagine del "binomio di ferro" e della perfetta consonanza tra Frisch e Dürrenmatt: lucido e distaccato il primo, forse più geniale ma intimamente più tormentato il secondo. Tutto l'apparato, comunque, è teso a demolire il luogo comune di un'amicizia di ferro. Io e Dürrenmatt siamo condannati ad essere amici, confessò Frisch in un'intervista televisiva del 1961 rilasciata a Corinne Pulver: forse già sentiva il peso degli attriti e presagiva la fine che sarebbe arrivata venticinque anni dopo, con una commovente lettera da parte di Dürrenmatt che chiude la raccolta di cui vi ho appena parlato.
In conclusione, se siete interessati alla letteratura tedesca contemporanea fate un salto su BOL o IBS e comprate questo libro. Vedrete che saranno soldi ben spesi.
Questo libro colma, almeno parzialmente, una lacuna nel mercato editoriale italiano: almeno che io sappia, non esistono monografie in italiano su questi autori. Non mancano i saggi che focalizzano singoli aspetti della loro produzione, anzi, direi che esistono degli esempi veramente edificanti, come alcuni saggi delle raccolte Il romanzo tedesco del novecento, a cura di Cesare Cases per i tipi di Einaudi, e Costruir su macerie del già citato Maurizio Pirro per Graphiservice. Mancano però contributi che ritraggano a tutto tondo i due "numi tutelari" della letteratura elvetica del novecento e che uniscano ai meri dati biografici un solido inquadramento nell'ambito della cultura svizzera e tedesca in generale.
Bisogna essere sinceri. L'epistolario di Frisch e Dürrenmatt soffre di due grandi difetti: dimensioni ristrette e alternanza di periodi di contatti frequenti ad altri, a volte molto lunghi, di silenzio. Questo costringe spesso a leggere tra le righe, ad interpretare lettere a volte talmente stringate da non riuscire a capire di che cosa si stia parlando. Peter Rüedi, il curatore, ci aiuta da una parte tramite una tavola sinottica che mostra in parallelo vita ed opere di Frisch e Dürrenmatt, dall'altra con un apparato di note molto preciso, ricco di puntuali riferimenti sia ai corpus creativi che alla ricezione da parte della critica.
Il vero punto di forza dell'apparato di Rüedi è però un saggio introduttivo che, a parte qualche piccola prolissità, non esito a definire bellissimo. In sintesi, questa lunga prefazione demolisce il luogo comune che voleva Frisch e Dürrenmatt come un'entità indivisibile, un equivoco - nato in Germania e poi diffusosi a macchia d'olio - opera di critici che accorpavano senza tanti riguardi i due personaggi, indicandoli come unici personaggi degni di nota nella realtà culturale svizzera; una Svizzera percepita da molti come provinciale, isolata, sterile: Schweiz als Gefängnis, la Svizzera come prigione, ebbe modo di dire lo stesso Dürrenmatt in un suo celebre discorso tenuto poco prima di morire.
Se è vero che Frisch e Dürrenmatt erano accomunati, oltre che da stima reciproca, anche da una comune insofferenza per la Svizzera contemporanea - che, risparmiata dalla seconda guerra mondiale era sostanzialmente rimasta fuori dal procedere storico, perdendo una grande occasione per costruire una forte identità nazionale - , è anche vero che il loro rapporto fu costellato di innumerevoli alti e bassi. L'amicizia tra queste due grandi personalità è stata segnata da innumerevoli incomprensioni, da provocazioni più o meno aperte, da una competizione non sempre sana in cui giocavano un ruolo non secondario molte istituzioni culturali svizzere (penso ai teatri stabili di Zurigo, primi anni '50, e Basilea, fine degli anni '60) e cui molti intellettuali tedeschi assistevano in qualità di spettatori non sempre entusiasti e schierati apertamente da una delle due parti (mi viene in mente Uwe Johnson, che intrattenne una lunga corrispondenza epistolare con Frisch e non mancò di segnalare all'amico l'insensatezza delle varie querelle con Dürrenmatt).
Rüedi, forte di una conoscenza capillare di Dürrenmatt e di una dichiaratamente meno forte, ma comunque significativa, di Frisch, racconta questa serie di eventi collocandoli nella scena culturale svizzera del dopoguerra e facendo emergere due ritratti molto diversi, che fanno effettivamente a pugni con l'immagine del "binomio di ferro" e della perfetta consonanza tra Frisch e Dürrenmatt: lucido e distaccato il primo, forse più geniale ma intimamente più tormentato il secondo. Tutto l'apparato, comunque, è teso a demolire il luogo comune di un'amicizia di ferro. Io e Dürrenmatt siamo condannati ad essere amici, confessò Frisch in un'intervista televisiva del 1961 rilasciata a Corinne Pulver: forse già sentiva il peso degli attriti e presagiva la fine che sarebbe arrivata venticinque anni dopo, con una commovente lettera da parte di Dürrenmatt che chiude la raccolta di cui vi ho appena parlato.
In conclusione, se siete interessati alla letteratura tedesca contemporanea fate un salto su BOL o IBS e comprate questo libro. Vedrete che saranno soldi ben spesi.
Ciao Leonardo, sono Chiara Munerato. Le tue recensioni fanno rinascere in me l'interesse che avevo perduto nei confronti della letteratura tedesca. Per questo ti ringrazio e ti confesso che le leggo sempre con molto piacere. Spero un giorno di aver tempo di approfondire e leggere tutti questi testi.
RispondiEliminaciao Leonardo,sono riuscita recuperare la traduzione italiana Omobono e gli incendari:autore Max Frisch a cura di Enrico Filippini collana Feltrinelli numero 12 del 1962,titolo Teatro/Max Frisch
RispondiEliminaCiao Maria Rosa Ferrari