mercoledì 31 marzo 2010

FRAMENSEMBLE in concerto

Giro, sperando di fare cosa gradita. Io suggerirei di fare un salto: sono due musiciste davvero in gamba!


Venerdì 9 aprile 2010 ore 21.00
auditorium città di Maccagno (VA)

CONTRASTI...

Michela Caser, flauto
Lucia D'Errico, chitarra


PROGRAMMA

Silvia Colasanti, Varia imaginaciòn
Niccolò Castiglioni, Sic
Francesco Telli, Divertimento aspettando l'aurora

* * *

Franco Margola, Sonata IV
Mauro Porro, Zephir
Biancamaria Furgeri, Canto a due voci
Marcela Pavia, Solen


INGRESSO GRATUITO

mercoledì 24 marzo 2010

Theodor Storm

Vi fosse mai venuto il dubbio che il Tonno è "sordo" verso la letteratura del passato, ecco, lo smentisco categoricamente con questo post. Vi parlo di un autore che ho scoperto recentemente e mi ha colpito molto: Theodor Storm.
Storm (1817-1888) fu poeta e novellista originario dello Schleswig-Holstein. Il suo nome viene accostato a quelli di Theodor e Thyco Mommsen, Paul Heyse, Eduard Mörike, Theodor Fontane, addirittura - seppur per un singolo contatto avvenuto a Baden Baden nel 1865 - con il russo Ivan Turgenev. Insomma, ci troviamo davanti ad un personaggio che si colloca in un particolare momento della storia culturale tedesca: sullo sfondo dei Gründerjahre (cioè gli anni che vedono la crescita della potenza della Prussia e la nascita del Secondo Reich, con il trattato di Versailles del '71) si sta consumando la transizione dal romanticismo al realismo.
Storm si colloca a pieno titolo in questa temperie culturale ed offre un modus operandi narrativo che potremmo definire "intermedio" tra un tardo romanticismo con inclinazioni Biedermeier e il realismo.
A naso, non mi sembra opportuno appioppare solamente una di queste due etichette a Storm, come si potrebbe essere portati a fare leggendo qualche commento antiquato come quello di Maria Grazia Nasti Amoretti per la UTET (parliamo dei primi anni '50 del secolo scorso). Vedo di spiegare meglio questa mia presa di posizione.
Credo sia fuori di dubbio che la lettura di diverse novelle di Storm (ad esempio Immensee, Ein Bekenntnis, Viola Tricolor, Martha und ihre Uhr) riveli un mondo fondamentalmente piccolo-medio borghese, che si rivolge nostalgicamente alla rievocazione del passato e alla celebrazione del nucleo familiare, antidoti all'angoscia causata nel singolo da una società in transizione e dalla consapevolezza che non vi è nulla oltre alla morte. Il contrasto tra passato, spesso visto in chiave idilliaca, e presente è il perno attorno al quale ruota la narrazione di gran parte delle novelle. Detto contrasto viene letto soprattutto negli effetti che imprime sul singolo, ed è proprio così che scopriamo la grandezza di Storm: siamo pienamente partecipi dell'interiorità del personaggio. Lo vediamo soprattutto nelle prime novelle, quelle fino ai primi degli anni '70.
A partire dalla novella Draußen im Heidedorf (1873), la prospettiva narrativa cambia: non si cerca più empatia nel lettore e ci si avvicina ad una narrazione più asettica, vicina ai canoni del realismo. Quel che è bello è che la deriva realista di Storm non fa perdere forza alla narrazione, al contrario. Ce ne si accorge leggendo l'ultima, grande novella, Der Schimmelreiter. Nel periodo compreso tra il 1873 e il 1888, Storm sviluppa infatti una teoria secondo cui la novella è sorella del dramma e ne condivide l'oggetto tragico. Lo Schimmelreiter è fedele a questo principio e, attraverso la rappresentazione della tragedia del protagonista, porta a termine in chiave fortemente pessimista il grande tema che attraversa tutta la parabola creativa stormiana, ovvero la lotta tra il singolo ed il destino.

Spero di avervi messo qualche pulce nell'orecchio. Nel frattempo, vi segnalo le due edizioni italiane di riferimento per Storm: si tratta di due antologie di novelle. La prima, curata da Laura Bocci, è uscita nel 1994 per Garzanti ed è di facile reperibilità; la seconda, con apparato critico del già citato Fabrizio Cambi, è edita dal Dipartimento di studi letterari e filologici dell'Università di Trento ed è meno reperibile.
C'è da dire che sono entrambi commenti ben fatti ed interessanti. In particolare, il saggio di Cambi Realismo e rapsodia del destino nella narrativa di Th. Storm ha il pregio di riallacciarsi ad un altro saggio fondamentale nella ricezione stormiana in Italia, cioè la pregevolissima introduzione di Luciano Zagari ad un'antologia di poesie di Storm (1968). Anche l'apparato critico dell'edizione Garzanti si lega a Zagari, ma punta più sulla dimensione dell'Erlebnis e sull'analisi della costruzione delle novelle.
Insomma, c'è di che leggere e divertirsi. Io personalmente torno a rileggere Storm spesso e volentieri, e non c'è una volta in cui distolga gli occhi dal libro senza un po' di dispiacere. In qualche modo è un contraltare alle mie letture "contemporanee", che mi proiettano nella società e nella sua multiforme rete di relazioni, mentre Storm mi ricollega al mondo dell'interiorità. È una dimensione di cui a volte c'è tanto bisogno.

venerdì 19 marzo 2010

"L'invenzione del futuro"

Quando si pensa alla letteratura tedesca del secondo dopoguerra, i primi nomi che vengono in mente (Böll, Grass, Enzensberger...) provengono prevalentemente dalla Germania Ovest, da quello stato cioè derivante dall'unione (1947-48) delle zone d'occupazione francese, inglese e statunitense. Della letteratura della zona d'occupazione sovietica, divenuta nel 1949 Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR), il grande pubblico conosce abbastanza poco. L'eccezione più vistosa a questo trend (mi riferisco sempre alla ricezione italiana di certi fenomeni letterari) è, oltre a quella del grandissimo Bertolt Brecht, Christa Wolf, che viene letta in tutto il mondo ed ottiene una costante attenzione da parte del pubblico italiano: riprova ne sia la costante presenza negli scaffali della grande distribuzione di Kassandra, delle Voraussetzungen einer Erzählung/Cassandra. Premesse ad un racconto e Medea, nonché la recente ristampa da parte della casa editrice e/o di Kein Ort. Nirgends/Nessun luogo. Da nessuna parte, Unter der Linden/Sotto i tigli e Was bleibt/Cosa rimane.
Al di là di questa eccezione, la ricezione italiana di numerosi autori mi sembra pressoché nulla. Ed è un peccato, non solo perché si perdono di vista lavori di ampio respiro (penso soprattutto ad Uwe Johnson e alle sue Mutmassungen über Jakob, che nel 1959 ebbero un successo pari alla celeberrima Blechtrommel di Günter Grass, ma anche ad Heinrich Mann e Arnold Zweig), ma soprattutto perché si perde una fetta importantissima del dibattito culturale tedesco pre-riunificazione.
Recentemente alcuni germanisti italiani di comprovata esperienza hanno fatto luce sulla letteratura della DDR. I due nomi più importanti che mi vengono in mente sono Fabrizio Cambi e Anna Chiarloni. Della Chiarloni, in particolare, avevo avuto modo di parlare incidentalmente in altri post, ricordando la sua cura del recente La poesia tedesca del Novecento (Laterza) e una interessantissima (e per me salvifica in sede d'esame) monografia su Christa Wolf, edita dalla torinese Tirrenia Stampatori: non avevo però citato i suoi due libri pubblicati nel 1998 e nel 2009 da Franco Angeli.
Digressioni a parte, volevo segnalare a tutti i lettori del Tonno una bella storia della letteratura della DDR intitolata L'invenzione del futuro, curata da Michele Sisto, che porta le firme dello stesso Sisto, di Matteo Galli, Magda Martini e dei sopracitati Fabrizio Cambi ed Anna Chiarloni. A prescindere dai nomi coinvolti, che già di per sé potrebbero fornire una garanzia di buona riuscita del testo, la bellezza del volume non mi stupisce perché avevo già avuto modo di studiare altri libri della stessa casa editrice, la Scheiwiller (cito a questo proposito la bella storia del pensiero russo La foresta e la steppa del russista ed armenista Aldo Ferrari).
Chiaro, se parliamo de L'invenzione del futuro non parliamo di una lettura da buona notte. Ciononostante, questa raccolta di saggi è di lettura molto scorrevole. In questo aiuta anche la veste grafica, che non rinuncia all'uso del grassetto nell'evidenziare i nomi su cui la trattazione si sofferma più a lungo (scelta fondamentale quando si parla di molti nomi!) e che presenta anche un'indovinata scelta iconografica.
L'unico appunto che mi sentirei di fare è sulla distribuzione del volume, che non mi sembra di facilissima reperibilità. Basta però rivolgersi ad una buona libreria, meglio se universitaria, per ovviare all'inconveniente.
E adesso vi saluto, che è pronto in tavola. Cosa mangio oggi? Che domande, pasta al Tonno!

mercoledì 17 marzo 2010

H.M. Enzensberger - "Nel labirinto dell'intelligenza"

Hans Magnus Enzensberger è un nome molto noto al pubblico italiano: al di là della sua recente apparizione in terra friulana, più precisamente in quel di Pordenone (a proposito, sbrigatevi! Le sue "macchine da poesia" restano esposte ancora per pochi giorni), il monacense è noto a moltissimi per un titolo in particolare, Der Zahlenteufel/Il mago di numeri, delizioso romanzo che spiega la Matematica ai più piccoli (bisogna dire però che anche i grandi lo possono leggere, non senza divertirsi e stupirsi).
È inutile che scriva un panegirico per questa poliedrica figura, che negli anni ha saputo destreggiarsi tra le più disparate branche dello scibile, dalla matematica alla sociologia, alla storia, allo studio del linguaggio (significativi, in quest'ultimo ambito, alcuni saggi ancora molto attuali raccolti in Einzelheiten, antologia di contributi di HME pubblicata da Feltrinelli nel 1965 con il titolo Questioni di dettaglio). È anche inutile che dica se mi piace di più questo o quel libro di Enzensberger, perché il Tonno che fuma non è tipo da stilare hit parade. Mi riprometto però di dedicare un post, in futuro, a Hammerstein, oder der Eigensinn (Hammerstein o l'ostinazione, edito in Italia da Einaudi) e, contemporaneamente, prendo spunto per soffermarmi su un saggio dallo stile accattivante intitolato Nel labirinto dell'intelligenza (Einaudi 2008. L'originale, uscito in Germania nel 2007 per i tipi di Suhrkamp, si intitola Im Irrweg der Intelligenz. Ein Idiotenführer).
Con uno stile rigoroso che non rinuncia ad incursioni nel campo colloquiale, Enzensberger sfata la credenza (invero molto diffusa nelle élite intellettuali e non solo) secondo cui l'intelligenza rappresenta qualcosa di univocamente definibile e misurabile con esattezza. HME passa in rassegna gli errori/orrori cui hanno portato il mito positivista del Quoziente Intellettivo e le sue applicazioni da parte di eserciti, governi e studiosi: forti discriminazioni a danno delle categorie sociali più deboli (immigrati, gente di colore, sottoproletariato urbano...), considerazioni razziali, propositi eugenetici derivanti dall'uso pedissequo del concetto di Quoziente Intellettivo.
Più in generale, non mancando di scagliarsi contro alcuni studiosi (uno su tutti, il long- e bestseller Eysenck), Enzensberger sfata ogni illusione sulle possibilità di catalogare i tipi di intelligenza (motoria, musicale, sociale, emozionale...) e di misurarla. In altre parole, questo saggio è un atto di sfiducia nei confronti della psicometria.
Il testo è di dimensioni ristrette (poco meno di 70 pagg.) e di lettura, come abbiamo anticipato poc'anzi, molto gradevole. Contrariamente ad altri titoli enzensbergheriani - e non solo - da me citati in precedenza, Nel labirinto dell'intelligenza è facilmente reperibile nel circuito delle librerie: se non fosse già presente in negozio, ordinato presso Einaudi arriverebbe in poco meno di una settimana.
Mi riservo di leggere l'originale, ma già in questa sede vorrei scrivere una menzione d'onore per il traduttore Emilio Picco: se in italiano il lavoro scorre velocemente e rende con naturalezza lo sfaccettato lessico di Enzensberger, il merito è sicuramente suo.

giovedì 11 marzo 2010

Non sparate sulla Croce Rossa

Che certa gente suonasse in playback era noto: le prove sono qui sotto agli occhi di tutti. Era però necessario, tanto per citare Manzoni, arrivare sino a tal segno?
Le convenzioni internazionali e quel poco di buona creanza che rimane nei conflitti suggeriscono di non sparare sulla Croce Rossa. Certo è che che bisogna veramente essere dei santi per non commentare alcune esibizioni di pessimo gusto e resistere alla tentazione di scaricare, seppur in modo del tutto metaforico, una sventagliata di metaforici proiettili su altrettanto metaforici e fantomatici crocerossini.
...ora però torno in cucina a bere un bicchiere di rosso. Dopo certe visioni ho bisogno di farmi coraggio!

cazzo che chitarra c'hai? una smallman? madò, suona come un pianoforte!

lunedì 8 marzo 2010

Max Frisch: "Graf Öderland"

Graf Öderland (prima stesura 1951) ricopre un ruolo di prima importanza non solo nel teatro, ma nell'intera opera letteraria di Frisch, se è vero quel che scrive Peter Ruedi nella prefazione all'epistolario tra Frisch e Dürrenmatt, cioè che Frisch ritornò per molti anni al lavoro sull'opera, anche dopo le prime rappresentazioni (a Zurigo e Francoforte: entrambe le prestazioni furono definite un respektabler Misserfolg, un rispettabile insuccesso).
Dal canale maxfrischarchiv su Youtube, ricavo questo video, una testimonianza dello stesso Frisch su Graf Öderland. Oltre ad alcune informazioni sulla genesi dell'opera e sulle riscritture seguite alle prime rappresentazioni (se non ho capito male, parla anche di una rappresentazione a Roma, per la quale ha dovuto riscrivere la piéce in tre settimane) e a fornire alcuni accenni sommari al plot (traduco dai titoli in sovraimpressione: Un professore scompare senza lasciare traccia, Un onesto impiegato di banca uccide la famiglia a colpi d'ascia), l'elemento interessante del video è proprio il fatto che abbiamo una testimonianza dello stesso autore.
I lettori più affezionati forse avranno capito (e lo dico adesso, nel caso la cosa non fosse emersa in modo netto) che il Tonno cerca sempre, per quanto possibile, di risalire ad un'interpretazione dell'autore tramite ciò che egli stesso ha lasciato: saggi, interviste, lettere, diari, tutto fa brodo. Oltre ad un'attenta analisi del contesto storico e sociale in cui nascono le opere e, of course, ad una disamina dei testi di riferimento di letteratura critica, mi sembra l'unico sistema per cogliere nel testo dei significati vicini a quanto l'autore può aver pensato.
E' una strada possibile. Mi limito ad accennarla a grandi linee, conscio del fatto che a molti sembrerà la scoperta dell'acqua calda. Nel mio percorso di formazione è però il punto di partenza di una ricerca che non so come evolverà (questo lo dirà il tempo). Capirete quindi perché, ancorché questo sia solo un modesto punto da cui partire, rivesta per me una certa importanza e decida di parlarne nel blog.

PS - Nei primi fotogrammi del video su Graf Öderland si vede un attore barbuto: secondo me è lo stesso che interpreta, senza barba, Schmitz in questo adattamento televisivo di Biedermann und die Brandstifter. Che il Tonno abbia preso l'ennesimo granchio?

martedì 2 marzo 2010

Il Tonno che fuma e Max Frisch

I lettori conoscono il Tonno che fuma come un patito di Günter Grass: diversi post di questo blog sono stati spesi infatti in favore di questo grande autore e molti altri interventi seguiranno. Quello che però non è mai emerso, se non marginalmente nell'ultimo post prima di quello che state leggendo, è che oltre a Grass ci sono altri autori che stuzzicano l'attenzione del Tonno. Uno di questi è lo svizzero Max Frisch.
Pare che il Tonno che fuma faccia apposta a scegliersi autori perennemente con la pipa in bocca. No, non è questo che mi spinge a prendere in considerazione certi personaggi. Diciamo che la passione è nata per una serie di combinazioni più o meno casuali. Vedo di parlarvene.

Un giorno navigavo in una bancarella telematica su Ebay, alla ricerca di titoli tedeschi disponibili a basso prezzo sul mercato italiano. Mi sono ritrovato una copia di Stiller, del 1954. Che sarà mai? Boh, lo compro, tanto cosa vuoi che siano 1 € di libro e 2,50 di spedizione... Intanto però lo staffilococco della curiosità era penetrato per le branchie del Tonno ed era arrivato fino alla testa. Ahi ahi, brutta cosa, quando al Tonno succedono queste cose non c'è veterinario che tenga, bisogna andare a fondo e cercare, cercare, cercare tutto quello che suggerisce la fantasia. E così ho scoperto che esiste questo romanzo: non solo, ma di Frisch ne esistono anche diversi altri. Ad esempio, c'è un altro capolavoro, l'unico titolo di Frisch, assieme a Stiller, che mi sembra di facile reperibilità in Italia: Homo Faber. Feltrinelli, di recente, ne ha proposto un'edizione speciale per i cinquant'anni della casa editrice, con tanto di copertina cartonata in luogo dell'anonima ed economica brossura. Miei! Tempo qualche giorno, e mi arriva a casa pure la traduzione di Frisch. Non pago, però, decido di comprare una copia di Homo Faber in lingua originale, fresca di stampa, con tanto di introduzione ed apparato critico e con il marchio "Surkhamp" (indicazione indispensabile nel caso voleste comprarla: sarebbe un buon acquisto!) ben visibile in copertina. Goduria delle godurie: è un romanzo che sto centellinando e che alterno come lettura della buonanotte ai miei mattonazzi grassiani (per la cronaca, l'ultimo che sto consumando voracemente è Ein weites Feld/Una lunga storia). Lo stile di Homo Faber è essenziale, spoglio, oserei dire nudo: eppure è proprio questo che fa avvertire la forza della narrazione. Si tratta di un'evocazione, di un Erlebnis, della rivisitazione di un vissuto: senza cercare empatia nel lettore e senza indugiare in ampie campate narrative indicative di un particolare stato d'animo, Homo Faber conquista pagina per pagina...

...comunque, a parte la digressione da Tonno su Homo Faber, chiaramente indicativa della mia passione per questo autore, non vi ho detto la seconda ragione che mi ha spinto ad interessarmi di Frisch. Ancora una volta sono riconoscente ad Empedocle70 che, durante una conversazione serotina nei meandri telematici facebookiani, mi consigliò di leggere Der Richter und sein Henker/Il giudice e il suo boia di Friedrich Dürrenmatt, autore che già avevo avuto modo di apprezzare in alcuni racconti (vedi la superba Panne).
Così facendo non solo Empedocle mi ha consigliato un libro che più tardi ho letto con grande piacere, ma ha messo in moto una "macchina" per trovare un'edizione italiana di Der Richter und sein Henker. Proprio durante queste ricerche mi sono imbattuto, del tutto casualmente e con grande stupore, in una traduzione in italiano dell'epistolario tra Frisch e Dürrenmatt. Sapere che Frisch fosse amico di Dürrenmatt, autore che, come ho detto, mi piace molto, è stato un'ulteriore scintilla che mi ha spinto ad approfondire le mie ricerche frischian... frischich... beh, insomma, su Max Frisch e sul suo mondo creativo.

E' incredibile: non so perché ma ho provato, e sto provando tuttora, la spinta genuina che mi ha animato quando poco più di un anno fa ho letto il grassiano Im Krebsgang/Il passo del gambero, la stessa spinta che mi ha portato a definire Günter Grass come mio fronte di ricerca principale in ambito germanistico.
Chiaro, c'è ancora moltissimo da leggere, e non solo in termini di produzione in prosa ma anche teatrale (nella lista delle recenti acquisizioni e delle letture da compiere c'è ad esempio Biedermann und die Brandstifter, assieme a Graf Öderland). Quanto alla ricerca di letteratura secondaria, poi, è ancora buio pesto. Conto però di fare chiaro, prima o poi, su questo autore, tutto sommato sicuro del fatto che non si tratta solo di un'infatuazione momentanea, ma di qualcosa di più. Frisch, per tutta una serie di motivi che non sto a spiegarvi (tra l'altro è mezzanotte e il letto comincia a guardarmi con fare seducente), è andato a ravanare in profondità e ha toccato qualcosa, tante cose. Sicuramente da parte mia ne risentirete parlare: parola di Tonno che fuma.

Vendo chitarra Paulino Bernabè 1985

Vendo chitarra Paulino Bernabè del 1985.
Come garantitomi dal liutaio Lucio Antonio Carbone, la chitarra è stata costruita completamente da P.B., senza interventi dei coadiutori del laboratorio.
Lo strumento è in ottime condizioni e si trova a Venezia.

Piano armonico: abete antico
Fasce e fondo: palissandro Rio
Ponticello: palissandro
Diapason: 66 cm
Verniciatura interamente a gommalacca.
Inclusa nel prezzo custodia rigida Hiscox Liteflite II.

Prezzo: 7000 euro trattabili.
Prego contattarmi all'indirizzo e-mail tonnochefuma@gmail.com.