martedì 24 novembre 2009

La mia pipa preferita

Oggi il Tonno che fuma vi parla della sua pipa preferita.
Non aspettatevi nomi di grido alla Charatan, Parker, Bang, Dunhill solo per citarne alcuni alla rinfusa: non ho mai speso molti soldi in pipe, credo che per le mie competenze in ambito di lento fumo certi prodotti siano, come dicevano elegantemente gli antichi, margaritas ad pullos (o, volendo essere "moderni" a tutti i costi, perle per i porci).
Fatta questa necessaria premessa, vi parlo della mia pipozza preferita. Raffinati intenditori potrebbero a ragione considerarla una pipa da battaglia ma tant'è, agli oggetti spesso ci si affeziona al di là del loro effettivo valore; a dir la verità però questa pipa non mi ha mai deluso e, con tutti i tabacchi con cui l'ho provata, non ha mai dato problemi di gusto amaro/sgradevole, appiattimento della personalità dei tabacchi e acquerugiola (...quella ci pensa a farla il Tonno con qualsiasi pipa).
Tranquilli, ora ci arrivo: è una pipa uscita dalle mani di Gigi Crugnola, artigiano del varesotto che molti aficionados conosceranno. L'occasione di comprarla mi è stata data dalla campagna - mi si perdoni se non ricordo il nome esatto - "Pipa di Natale 2008" di Fumarelapipa.com.
Prezzo contenuto, shape accattivante molto simile ad una squat tomato, finitura sabbiata scelta perché non mi dispiaceva l'idea di avere nel mio parco-calumet una pipa con finitura non liscia. La bella radica si lascia sempre vedere volentieri e chi è abituato a vedere legni di pregio (ad esempio negli strumenti musicali) non può rimanere indifferente al fascino di una buona fiammatura, impreziosita magari da uno shape che la esalta... tutto vero, ma nel mio immaginario infantile e pre-pipatorio la pipa è sempre stata rusticata, al più sabbiata, con quel che di (soprav)vissuto che spesso è tremendamente fascinoso e irresistibile. Di conseguenza mi sembrava opportuno rendere omaggio a queste ataviche preferenze e scegliere una pipa con un finissaggio rocciato o sabbiato: la scelta è caduta sul sabbiato, perché delle tre possibili versioni della FLP 2008 quella mi convinceva più delle altre.

La Gigi risale al mio primissimo periodo di approccio al multiforme mondo del lento fumo quando, influenzato in questo da vaghi ricordi di room note alla cumarina (vedi Clan), mi dedicavo con apparente profitto agli aromatizzati, e in particolare all'Amphora Rich Aroma che, per inciso, all'inizio della mia esperienza con la pipa mi ha dato qualche sana soddisfazione. Quando poi sono passato a naturali ed EM e gli aromatizzati hanno cominciato a rivelarsi per quello che sono (in molti casi pseudo-tabacco aromatizzato al Dixan o al Panettone Motta scaduto nel 2002), ho cominciato a pensare di cambiare destinazione d'uso per la Gigi.
Con un po' di pazienza, ho incominciato una cura a base di Italia, forte anche del fatto che le mie fumate non frequenti non avevano intriso la radica di sapori sgradevoli: ora il fornello ha la sua bella groma, quella crosta che è croce e delizia di ogni appassionato di pipa, e ciò che è meglio è che la pipa rende benissimo anche con il mio amato Italia. Anzi, ad essere sinceri la Gigi è, nel mio harem (o puttanaio?) pipario di medio-basso bordo, quella in cui apprezzo di più l'Italia.

E così, quando in queste settimane intense ho voglia di fumo non impegnativo ma verace, tiro fuori la mia fedele compagna di fumate e la carico con l'Italia. Dovrò subire le sue rimostranze e i suoi borbottii gorgoglianti quando fumo troppo umido e forse la dovrò consolare con lo scovolino, un po' come si fa quando si regala un leccalecca ad un bimbo triste per farlo sorridere: ma subito dopo, magari con una leggera passata di fiammifero per ravvivare la brace, ricomincio a sentire che io e la Gigi siamo un corpo unico. Sentiamo di nuovo di essere amici per la pelle, anche dopo aver litigato un po' per la mia tecnica di fumata non proprio sublime... tra buoni amici ci si perdona sempre le piccole imperfezioni.

Come scrivevo sopra, ci sono oggetti cui capita di affezionarsi: oltre all'amore per i libri, le chitarre e i dischi, ho pure una debolezza per le pipe. E del resto, visto che sonno un Tonno che fuma senza arte né parte, posso permettermelo!

mercoledì 18 novembre 2009

Le ristampe che non ti aspetti

Nel cinquantennale della Blechtrommel, era prevedibile una sua riedizione, o quantomeno una sua ristampa. Feltrinelli non ha deluso le aspettative del pubblico italiano, pubblicando una nuova traduzione del Tamburo di latta ad opera di Bruna Bianchi, che altre volte si è cimentata con lavori di Günter Grass (due su tutti, Der Butt/Il rombo e Das Treffen in Telgte/L'incontro di Telgte. A memoria mia, Bruna Bianchi è anche l'unica ad aver corredato alcune delle sue traduzioni grassiane con utili postfazioni).

Per lungo tempo non si sono trovati Katz und Maus/Gatto e topo e Hundejahre/Anni di cani. Si badi, non erano usciti dal catalogo: semplicemente risultavano esauriti presso l'editore e i principali rivenditori. L'unica soluzione era rivolgersi al mercato dell'usato, che spesso riserva gradevoli sorprese a chi ha pazienza di cercare. Lo stesso Tonno che fuma si è avventurato tra i banchi di librerie - reali e telematiche - per trovare i due titoli che andavano a completare la "Trilogia di Danzica". Sorretto in questo da un forte feticismo collezionistico (oltre che, com'è chiaro, dalla passione per l'autore), il Tonno è riuscito a scovare nientepopodimeno che Gatto e topo nell'edizione dell'Universale economica Feltrinelli (1973; le altre due edizioni, nelle collane I narratori di Feltrinelli e Gli astri, risalgono rispettivamente al 1964 e al 1977) e Anni di cani nella prima edizione italiana (I narratori di Feltrinelli, 1966; la seconda edizione nell'Universale economica Feltrinelli risale al 1977).
Dopo giorni di frenetici contatti telematici e telefonici, nonché dopo innumerevoli contrattazioni (a volte i venditori di libri usati fanno richieste esose), il postino suona a casa Tonno: din don! Con la bava alla bocca, il nostro si precipita giù dalle scale e firma il talloncino della raccomandata, mentre l'esterrefatto postino non riesce a spiegarsi il perché di tanta frenesia. Un'altra corsa per ritornare in casa e, dopo aver pericolosamente armeggiato con le forbici per aprire i pacchi, l'orgasmo letterario: i due libri. La Trilogia è completa!
Eppure c'è qualcosa che non va. Ma come? I libri sono arrivati, belli, con quella patina giallognola sulla sovracoperta, segno dell'implacabile scorrere del tempo. E poi c'è quel piacere compulsivo nel collezionare libri che quando viene soddisfatto dovrebbe farti stare tranquillo per un bel po'. E invece no: al Tonno prende un velo di malinconia a pensare che dovrà sverginare le pagine con le sue micidiali sottolineature. L'oggetto antico, da collezione, è intangibile per definizione. Si offre quindi un interrogativo amletico: sottolineare o rinunciare agli antiestetici segnacci che, pur visivamente sgradevoli, sono comunque indispensabili per poter leggere il testo e cogliere con precisione tutti i rimandi possibili, infratestuali e non?
Notti insonni, angoscianti riflessioni quotidiane per giungere all'amara conclusione che i segni, pur brutti, si devono fare. Con la prospettiva di rovinare per sempre dei libri che tanto sono stati difficili da trovare: avrei compiuto un imperdonabile delitto. (nella foto qui accanto, un libro "stuprato" per un esame all'università)
Nella vita molte scelte comportano sacrifici e io, inguaribile bibliofilo con però il tarlo faustiano dell'onniscienza, ho optato con dolore e somma sofferenza per sacrificare gli affezionatissimi oggetti sull'altare dell'apprendimento.

Oggi, finendo un pomeriggio di prove, passo in libreria per ammazzare il tempo. Mi soffermo presso il consueto scaffale. La sezione di letteratura straniera offre tanti titoli, roba però relativamente scontata: i grandi classici nelle edizioni BUR e Garzanti, qualche titolo dell'Universale Feltrinelli che oramai conoscono pure i sassi (alzi la mano chi non ha letto in terza media L'amico ritrovato di Fred Uhlman...), un po' di letteratura da ombrellone alla Clive Cussler.
L'occhio cade molto pigramente sulla G di Grass. Vabbè, ci saranno "Camera oscura", che non c'è una libreria che non ti venda quel costoso volumetto dell'Einaudi, e il Tamburo, perché guai ad avere autori stranieri e non avere il Tamburo di latta.
E invece cosa scopro? Due ristampe, fresche fresche di torchio, di Gatto e topo e Hundejahre! Come mai, improvvisamente, l'imponente macchina editoriale della Feltrinelli si è mossa per ridare alle stampe libri che non si trovavano da un casino di tempo? Cos'è mai passato per la testa ai capoccia dell'ufficio commerciale? Non c'è tempo per porsi tante domande, ora o mai più, domani qualche altro patito grassiano può comprare i libri al posto mio. Torno tra qualche giorno e non lo vedo già più? No, sarebbe un errore che non mi perdonerei mai...
La soluzione al dubbio amletico che tanto mi ha attanagliato è piovuta come la manna dal cielo! Non sono più costretto ad optare per la menomazione delle vecchie edizioni: finalmente, dopo mesi di agonia, ho potuto trovare la ristampa (Feltrinelli dice che trattasi di "edizione aggiornata") di quei due libri. Afferro i tomi e, tessera sconto alla mano, vado alla cassa; poi, libri alla mano, ritorno gongolante a casa.
Oggi era una giornata storta e questo banale avvenimento, assieme all'incontro casuale con un vecchio amico che non vedevo da tempo, me l'ha cambiata.

A questo punto, come tutte le favole, anche questa ha una morale. Anzi, la morale è duplice: 1)le cose più belle sono quelle più semplici e inaspettate; 2)ogni tanto non guasta avere fede nei grandi editori. Non si sa mai che escano, quasi per caso, le ristampe che non ti aspetti...

martedì 10 novembre 2009

Una rivista on line: "German as a foreign language"

Per chi è iscritto ad un corso di lingue e letterature straniere è fondamentale frequentare i lettorati e seguire i corsi di lingua: così facendo, da una parte si entra in contatto con la lingua viva, lontana dalle pur necessarie semplificazioni che offrono i libri di testo, dall'altra si acquisisce una consapevolezza grammaticale e non solo che è imprescindibile.
Spesso però non ci si chiede come acquisire la lingua: si ereditano dei metodi di studio precostruiti che poi non ci si preoccupa di affinare.
Chi per un motivo o per un altro focalizza la propria attenzione sui frutti del medium linguistico (dalla più infima letteratura di consumo al più sublime romanzo mai scritto) tende secondo me a perdere di vista il percorso con cui si fa proprio un linguaggio e si impara progressivamente a piegarlo alle proprie esigenze, non solo di studio ma di comunicazione quotidiana. Del resto, chi di noi non adopera un lessico, certe costruzioni, delle locuzioni particolari, riflesso di un determinato modo di interfacciarsi con la realtà?
Certe domande ha incominciato a porsele anche il Tonno: questi è un malato cronico di SNF, che detta così può sembrare come la sorella minore dell'influenza suina, ma altro non è che la Sindrome del Non Frequentante, la malattia di colui che, per un motivo o per un altro, è costretto a saltare le lezioni all'università.
Va da sè che chi salta le lezioni deve recuperare da solo ed è perciò costretto a costruirsi autonomamente un metodo di studio. La cosa ha degli indubbi effetti positivi, ma chi lavora da solo è come un povero cristo che vola a vista in condizioni di brutto tempo con la radio spenta: può essere aiutato dal radiofaro, dal radiogoniometro, può trovare a terra dei punti di riferimento che gli fanno capire dove si trova. Siccome però la radio è rotta, non può ricevere i vettori, le indicazioni che tanto gli farebbero comodo per raggiungere l'aeroporto di destinazione. Allora, carte alla mano, plotter, sestante e pilota automatico, qualcosa può provare a fare. Il rischio di non atterrare dove si vorrebbe c'è sempre, ma almeno si può provare a toccare terra, se non nell'aeroporto previsto, quantomeno nell'alternato.
Il rapporto tra il Tonno e il tedesco è più o meno così: scarsa possibilità di seguire i lettorati se non facendo i salti mortali (e dio solo sa quanto mi costi il lettorato di venerdì), una didattica spesso scadente (ahimè si salvano in pochi) e, come contraltare a questo confuso marasma, chiari obiettivi finali: bisogna saper padroneggiare questo, quell'altro, quell'altro ancora, tradurre i tali testi, sapere le tali dispense...
Cosa fare, allora? Calma e gesso. Intanto, ritagliarsi un po' di tempo ogni giorno, dalle due alle tre ore e mezzo a seconda di quello che la chitarra permette di fare. E nel frattempo, munirsi delle adeguate bibliografie e cercare un modo per venirne fuori...
E mò come si fa? Non voglio sostituirmi agli studiosi di scienze del linguaggio, non ne ho gli strumenti e soprattutto non ne ho la forma mentis. Semplicemente cerco di adeguare i mezzi che mi ritrovo (libri di testo, grammatiche, eserciziari) agli obiettivi che devo raggiungere (che so, il Konjunktiv I e la Redewiedergabe): imparo certe costruzioni e argomenti grammaticali sui libri di testo e nelle grammatiche, provo ad individuarli nei testi che devo tradurre, cerco di impiegarli negli esercizi di produzione scritta e nelle conversazioni con i madrelingua (cioè i lettori).

Accanto a questo tipo di approccio "spiccio", però, è sempre bene affiancare certi strumenti che diano maggior consapevolezza riguardo all'acquisizione DaF (Deutsch als Fremdsprache, cioè il tedesco come lingua straniera): così, oltre ai testi di morfologia e alle dispense generosamente (notare la lieve nota ironica) messe a disposizione dal dipartimento, il Tonno cerca su internet qualcosa che lo possa aiutare.
Ed eccomi perciò arrivato all'oggetto del topic: "German as a foreign language", una rivista on line che parla appunto degli aspetti più vari del tedesco come L2. La rivista è chiaramente destinata agli addetti ai lavori, agli esperti di linguistica, ma alcuni articoli in tedesco non sono fuori portata per chi, come il Tonno che fuma, viaggia verso il B2 e, si spera, oltre. Mal che vada ci sono anche interessanti contributi in inglese. Tutti questi testi possono essere, se non decisivi, almeno degli interessanti contenitori in cui trovare degli useful hints per impadronirsi di una lingua diversa da quella che si parla normalmente. In mancanza di guide affidabili e/o stabili, si adopera ciò che si ha e che si trova: se poi si incappa in materiali di buona qualità, tanto meglio!



Postilla della buonanotte del Tonno. Per le lingue, per la musica e per la pipa non ci sono ricette universali: come ho scritto nel mio ultimo intervento, sta ad ognuno trovare la propria, prendendo (questo lo aggiungo ora) in prestito elementi da qualsiasi fonte gli paia funzionale e coerente con il percorso che sta facendo. Poi è una questione di sacrificio, applicazione, tempo.
E allora a noi poveri Tonni non resta altro che aprire un cero a Sant'Agnese, santa protettrice dei pericoli in mare, e aspettare che, mentre noi ci diamo da fare, il tempo faccia il suo corso. Chi vivrà vedrà...

giovedì 5 novembre 2009

Elogio dell'Italia e non solo

No, nessun patriottismo, il Tonno è sempre stato legato fino ad un certo punto al suo paese natale. State tranquilli, non voglio fare un comizio elettorale. Vi parlo però di una cosa che non viene mai citata, ingiustamente a mio parere, come uno dei fiori all'occhiello del "made in Italy": il trinciato Italia.
Il trinciato Italia è un onesto trinciato da pipa che, manco a farlo apposta, è prodotto nel nostro paese: lo si annovera comunemente tra i naturali, cioè tra quei tabacchi "duri e puri" (come il Comune e il Forte) che si distinguono per un gusto monodimensionale, grezzo, ma comunque sincero. Un po' come avere a che fare con una bottiglia di sincero vino rosso offerto da un verace contadino trevigiano che, preso da un insperato accesso di generosità, ti invita tra una bestemmia e l'altra a bere un goto de rosso, che va ad accompagnare do fete de sopressa.
Comunque, messe da parte le digressioni poetiche, perché voglio elogiare l'Italia?
In questo periodo gli impegni sono molti e il tempo per dedicarsi alle nuove miscele è poco. Non manca solo il tempo per quello, manca la testa per meditare adeguatamente su ciò che si è fumato.
Siccome mi dispiace che le pipe stiano ferme, ma dato anche che voglio variare un po' la mia dieta tabagifera (che normalmente consta di dosi da cavallo di Black Mallory, alternato ad un aromatizzato decente quale il Davidoff Scottish Mixture), ho provato ad inserirvi una miscela non troppo complessa, che posso fumare indifferentemente a stomaco pieno o vuoto.
Le resistenze, date le mie non entusiasmanti esperienze con il Toscano (v. interventi precedenti), erano parecchie. Però la voglia di provare era davvero tanta.
E cosa scopro? Una miscela rude, che ti fa anche impazzire per quanto devi usare il pigino, ma anche un buon fumo per quando sono un po' sovrappensiero e non posso dedicarmi alla scoperta della sfumatura che il gusto ci guadagna. Tant'è, certi trinciati sono proprio monodimensionali, hanno quel gusto quando li cominci e lo mantengono senza cambiamenti sorprendenti fino all'ultima boccata. Tutto sta a trovare gusti che piacciano.

A dire la verità non sono mai stato bravo a scovare tutti gli "aromi secondari" (perdonatemi l'espressione impropria) che molti scovano nei tabacchi di propria preferenza: a parte negli aromatizzati, che sono dichiaratamente "aromaticamente eteronomi", nel resto dei tabacchi da pipa che ho provato non ho sentito particolari note.
Mi si perdoni la schiettezza, ma per me, checché se ne dica nelle conventicole, il tabacco sa di tabacco. Chiaro, con le ovvie differenze tra l'uno e l'altro (per ovvi motivi, il Treasures of Ireland Limerick, che è un flake che più flake non si può, non potrà mai avere, che so, la latakiosità del Black Mallory): sarà la mia ancora scarsa esperienza (il mio battesimo della pipa è avvenuto si e no un anno e mezzo fa) o il fatto che per me il gusto è il meno affinato ed educato dei cinque sensi... ad ogni modo, nel tabacco per ora sento tabacco e non molto altro. Beato chi riesce ad esempio a cogliere note dell'acquavite preferita! Io mi limito ad un banalissimo sentore di caffè...
Devo dire che comunque riesco a godermi le mie fumate anche quando non ne faccio di troppo "consapevoli": anzi, in questo periodo sono della convinzione che più mi libero delle mie manie di ipercontrollo e meglio è! Cominciare dalla pipa sarà uno step, oltre che utile, anche molto naturale e gradevole...
Ecco perché il lento fumo mi piace. E' lo stesso motivo per cui mi piacciono la musica e la letteratura: le possibilità per orientarsi in questi universi sono infinite, sta ad ognuno trovare la propria. Provando e riprovando, con attenzione e con pazienza, a patto di non farsi del male per giungere a determinati obiettivi: come dicevo con un'amica blogger, dove si arriva si arriva, senza dannarsi l'anima. Se cerchiamo di dover far coincidere certe "ricerche" (musica, letteratura, lento fumo...) entro obiettivi rigidamente predefiniti, va a finire che perdono tutto il loro fascino! E il rischio è tanto più alto quanto più si gira tra le conventicole virtuali di qualsiasi tipo.

lunedì 2 novembre 2009

Il Tonno e il Toscano

E' inevitabile. Prima o poi la passione per il lento fumo ti spinge su terreni che mai avresti immaginato: nella fattispecie, non più tardi di qualche mese fa non avrei scommesso una lira sul fatto che mi sarei messo a fumare il Toscano... invece, eccomi qui.
Il rapporto tra me e il Toscano, come avete potuto intuire, è cosa recente. Sbaglia però chi crede che in poco tempo non sia potuto sbocciare qualcosa di profondo. Con il mondo del Toscano ho un rapporto strano. Sapete cosa vuol dire avere a che fare con una donna molto volitiva e generosa, che però quando le prendono i cinque minuti ti fa sudare freddo? Non lo so di preciso, ma ragionando a spanne è la cosa che istintivamente collego alle sensazioni che ho quando fumo il Toscano.
Da che mondo è mondo, si incomincia sempre dalle piccole cose: i pezzi brevi, i racconti brevi, le storie brevi... ecco, io ho incominciato da un sigaro piccolo, l'Ammezzato Garibaldi. Tutto sommato economico, non mi voglio svenare cominciando col Moro; corto quanto basta, il giusto per goderselo in una camminata di tre quarti d'ora; gusto nemmeno malvagio, leggero al punto giusto; tiraggio decente. Perfetto, sono atterrato sul pianeta Toscano e l'ambasciatore Garibaldi mi riceve con dignità, senza troppe cerimonie e troppi fronzoli: un colloquio tra neo-conoscenti che "si pigliano" e, per un motivo o per un altro, sentono che potrà nascere una bella amicizia.
Ed ecco il Tonno che fuma, gongolante come un bambino cui hanno regalato un nuovo gingillo, che si barcamena tra i troncoconici Garibaldi, alternandoli alla pipa nelle sue poco frequenti fumate.
Il Tonno è felice, spensierato, crede che la sua nuova amicizia gli abbia dischiuso il mondo del Toscano. C'è però da considerare che la gioia e la spensieratezza possono portare all'incoscienza, che a sua volta confina pericolosamente con la hybris, la tracotanza che, per citare un po' a sproposito il gran traduttor dei traduttor d'Omero, generose travolse alme d'eroi...
...ed ecco perciò che il Tonno punta incoscientemente ad uno dei prodotti più ambiziosi della famiglia del Toscano: l'Antico Toscano. E quel che è peggio, arde dal desiderio di provare l'ebbrezza del fumo alla maremmana, senza azzoppare il sigaro.
Corsa folle dal tabacchino, corsa altrettanto folle per ritornare a casa e gustarsi, rigorosamente dopo cena, il tanto agognato missile al Kentucky. Ed eccolo, trionfante, davanti al televisore, con fuori un ventaccio che dio lo manda e la casa libera. In poche parole, la situazione ideale.
Il Tonno scarta compulsivamente la scatola, la apre, ne estrae un Antico Toscano. Toglie il nylon ma non la fascetta tricolore, per quella può aspettare: che goduria olfattiva l'odore dell'Antico Toscano, una sinfonia di effluvi inedita per narici... pardon, branchie abituate all'acqua salmastra (per giunta veneziana).
La voglia lo sta per sopraffare: ecco che, oramai al culmine dell'attesa, il nostro toglie la fascetta, si arma di fiammiferi e posacenere. Non ce la fa più, è una lotta contro il suo sistema nervoso. Estrae lo svedese dalla scatola, lo passa sulla parte abrasiva. Cazzo si è rotto. Ne prende un altro, losfregaconmenoenergiasennòsispaccaenonèpiùfinita, e infine passa la fiamma sulla cima del siluro kentuckyco. Ricorda parola per parola i consigli letti sui pipaforum e sulle conventicole virtuali del lento fumo: non tirare troppo forte altrimenti il fumo scotta, mentre adoperi il fiammifero recita tre volte il padre nostro sennò si spegne, pensa a tua nonna così non si sa mai che il sigaro diventi per miracolo più buono... una, due, tre tirate, e poi giunge la fine dell'interminabile fase di plateau tabagifero: l'Antico Toscano è acceso.
Oramai ogni freno inibitore ha perso ragione di esistere: il Tonno passa un'ora e mezza guardandosi Achtung! Banditi, un vecchio film sulla resistenza, e con la mente compie arditi voli pindarici. Non si sa mai che dopo possa parlare dei miei deliri in un blog tutto mio...
Poi, tutto ad un tratto, la poesia si interrompe. Il telefono, la vecchia zia vuol sapere come sta il nipotino che è da solo a casa. Il Tonno si alza dal divano per recarsi al telefono: ammazza, non credevo di pesare così tanto quando mi sono alzato l'ultima volta. Ciao zia, si tutto bene, si, ho mangiato le seppie in umido, no, i miei tornano tra due giorni, si ciao.
Tutto bene un cazzo. A quel pirla gira parecchio la testa. A quel tonnaccio da quattro soldi sembra di essere mezzo impigliato nella rete di un pescatore. Cos'è, cosa non è: nausea, quella che ti prende quando hai bevuto più Bonarda del solito.
Un quarto d'ora di sofferenze atroci, mezzi svenimenti, sudori freddi... e alla fine, una corsa liberatoria che termina in un prosaico tete a tete con la tazza del water.

Un sigaro troppo forte per un neofita! Il lento fumo, che tanto ha da insegnare a chi lo pratica con sincerità e passione, ha riservato un'altra lezione di vita: perché è andato bene il primo appuntamento con la gnocca di turno, non è detto che poi sia tutto rose e fiori... e nella fattispecie, il Tonno si è preso l'equivalente gastrico della cinquina stampata sulla faccia...
...però, come due giorni dopo che all'indefesso single è andata male con la gnocca di turno, la voglia di riprovarci è tanta. Con la stessa donna, o con una diversa, oppure prima con una diversa e poi di nuovo con la prima. Chissà, magari prima o dopo troverà quella giusta per lui... chissà, magari anche col Toscano funziona così!